EDIPO A COLONO
8_18 GIUGNO
Un mito straordinario, che narra gli elementi di cui è fatta la cultura dell’uomo contemporaneo, lucidamente ne vede gli errori, i passi falsi, le trappole.
Rassegna Itaca/Nuove Poetiche
Compagnia vincitrice del Premio Hystrio 2021 come Migliore compagnia italiana emergente.
Livore è una scrittura che prende spunto dal mito di Mozart e Salieri per scavare nelle ragioni dell’invidia nel mondo contemporaneo.
In scena una coppia meschina e ambiziosa alle prese con un ospite inatteso nella cornice ormai familiare di una cena gourmet. Un dispositivo teatrale spietato che mescola dramma psicologico e commedia alla Jasmine Reza grazie alla drammaturgia straniante di Francesco d’Amore anche interprete nei panni di uno dei tre protagonisti.
Sul palco tre personaggi: due sono attori – uno di talento e squattrinato, l’altro mediocre ma di successo – il terzo è un agente impegnato a promuovere il suo poco qualificato fidanzato artista costruendogli attorno una rete di rapporti in grado di valorizzarlo.
Poche ore prima di una cena con “la gente che conta” l’attore di talento fa irruzione in casa della coppia dando inizio a un match all’ultimo sangue in cui la finzione dei rapporti umani si troverà a fare i conti con la verità dell’azione scenica. Un campo minato dove la vita trattenuta deflagrerà e le parvenze ostentate si ridurranno in frantumi.
Lo spettacolo è una riflessione su come la ricerca del merito e del prestigio non sia la sola chance per la riconoscenza e su come a volte, dietro l’invidia, possa nascondersi la meraviglia dell’adorazione.
uno spettacolo di VicoQuartoMazzini
con Michele Altamura, Francescod’Amore, GabrielePaolocà
drammaturgia Francesco d’Amore
regia Michele Altamura e Gabriele Paolocà
scene Enrico Corona, Alessandro Ratti
light design Daniele Passeri
tecnica Stefano Rolla
produzione VicoQuartoMazzini, Gli Scarti, Festival delle Colline Torinesi
con il sostegno di Armunia e Teatri associati di Napoli/C.Re.A.Re Campania
PREZZI
Per prenotazione gruppi scuola scrivere a teatroscuola@teatrofontana.it
Si vorrebbe quasi esplodere in un gioioso «finalmente!» di fronte al dipanarsi della vicenda di Livore, e al suo irridere la liturgia della retorica con cui ognuno di noi è solito omaggiare il teatro: come se questo sia soltanto il luogo degli abbracci e giammai l’arena di Eva contro Eva, l’agone all’interno del quale lobby, potentati e cani sciolti si fronteggiano
Alessandro Iachino (Stratagemmi)
Un testo che apparecchia uno scenario pinteriano nella preparazione di una cena che dovrebbe facilitare rapporti e scritture attoriali per prossime fiction televisive. Scorrevole e leggera all’apparenza, la commedia diventa un saggio su debolezze e veleni che governano il mondo.
Gianfranco Capitta (Il manifesto)
La velenosa rivalità è un falso storico, ma il rancore resta e dà aFrancesco D’Amore l’occasione mettere sulla carta una storia, che ne conserva i nomi: Antonio e Amedeo. Una vicenda essenziale, dinamica, tramata di mistero. Come aveva fatto Puškin. Come avevano fatto Peter Shaffer e poi Milos Forman in Amadeus. Nello spettacolo che ha debuttato a Prato, la regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà colora il lutto del Requiem mozartiano con la tinta livida delle barbabietole.
Roberto Canziani (Hystrio)
Sia dato onore alle compagnie teatrali che cercano di non perdereil contatto con la tradizione, in nome di una innovazione a volte modaiola, utile più alla mostra di sé che al dibattito contemporaneo. È questa una caratteristica che la compagnia VicoQuartoMazzini, fondata nel 2007 da Michele Altamura eGabriele Paolocà, ha sempre portato con sé in ogni progetto, mossa da un amore per il teatro di prosa visto, partecipato, agito nelle compagnie da cui trarre un testimone epocale, da cui assimilare caratteri ed emozioni da condividere.
Simone Nebbia (Teatro e Critica)
È facile riconoscere, per il nome e l’atteggiamento, Salieri in Antonio e Amadeus in Amedeo. Il ribaltamento del palcoscenico vuole, però, che nella serie tv che devono girare i ruoli siano invertiti. L’arte è la scoperta dentro di sé dell’altro. Essere è crederci. Ma non è ancora abbastanza. Francesco d’Amore ha scritto il copione durante il lockdown: l’invidia brandita in scena ha la medesima natura sistemica del Coronavirus.
Matteo Brighenti (Doppiozero)
Livore è una scrittura che prende spunto dal mito di Mozart e Salieri per scavare nelle ragioni dell’invidia nel mondo contemporaneo.
In scena una coppia meschina e ambiziosa alle prese con un ospite inatteso nella cornice ormai familiare di una cena gourmet. Un dispositivo teatrale spietato che mescola dramma psicologico e commedia alla Jasmine Reza grazie alla drammaturgia straniante di Francesco d’Amore anche interprete nei panni di uno dei tre protagonisti.
Sul palco tre personaggi: due sono attori – uno di talento e squattrinato, l’altro mediocre ma di successo – il terzo è un agente impegnato a promuovere il suo poco qualificato fidanzato artista costruendogli attorno una rete di rapporti in grado di valorizzarlo.
Poche ore prima di una cena con “la gente che conta” l’attore di talento fa irruzione in casa della coppia dando inizio a un match all’ultimo sangue in cui la finzione dei rapporti umani si troverà a fare i conti con la verità dell’azione scenica. Un campo minato dove la vita trattenuta deflagrerà e le parvenze ostentate si ridurranno in frantumi.
Lo spettacolo è una riflessione su come la ricerca del merito e del prestigio non sia la sola chance per la riconoscenza e su come a volte, dietro l’invidia, possa nascondersi la meraviglia dell’adorazione.
uno spettacolo di VicoQuartoMazzini
con Michele Altamura, Francescod’Amore, GabrielePaolocà
drammaturgia Francesco d’Amore
regia Michele Altamura e Gabriele Paolocà
scene Enrico Corona, Alessandro Ratti
light design Daniele Passeri
tecnica Stefano Rolla
produzione VicoQuartoMazzini, Gli Scarti, Festival delle Colline Torinesi
con il sostegno di Armunia e Teatri associati di Napoli/C.Re.A.Re Campania
PREZZI
Per prenotazione gruppi scuola scrivere a teatroscuola@teatrofontana.it
Si vorrebbe quasi esplodere in un gioioso «finalmente!» di fronte al dipanarsi della vicenda di Livore, e al suo irridere la liturgia della retorica con cui ognuno di noi è solito omaggiare il teatro: come se questo sia soltanto il luogo degli abbracci e giammai l’arena di Eva contro Eva, l’agone all’interno del quale lobby, potentati e cani sciolti si fronteggiano
Alessandro Iachino (Stratagemmi)
Un testo che apparecchia uno scenario pinteriano nella preparazione di una cena che dovrebbe facilitare rapporti e scritture attoriali per prossime fiction televisive. Scorrevole e leggera all’apparenza, la commedia diventa un saggio su debolezze e veleni che governano il mondo.
Gianfranco Capitta (Il manifesto)
La velenosa rivalità è un falso storico, ma il rancore resta e dà aFrancesco D’Amore l’occasione mettere sulla carta una storia, che ne conserva i nomi: Antonio e Amedeo. Una vicenda essenziale, dinamica, tramata di mistero. Come aveva fatto Puškin. Come avevano fatto Peter Shaffer e poi Milos Forman in Amadeus. Nello spettacolo che ha debuttato a Prato, la regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà colora il lutto del Requiem mozartiano con la tinta livida delle barbabietole.
Roberto Canziani (Hystrio)
Sia dato onore alle compagnie teatrali che cercano di non perdereil contatto con la tradizione, in nome di una innovazione a volte modaiola, utile più alla mostra di sé che al dibattito contemporaneo. È questa una caratteristica che la compagnia VicoQuartoMazzini, fondata nel 2007 da Michele Altamura eGabriele Paolocà, ha sempre portato con sé in ogni progetto, mossa da un amore per il teatro di prosa visto, partecipato, agito nelle compagnie da cui trarre un testimone epocale, da cui assimilare caratteri ed emozioni da condividere.
Simone Nebbia (Teatro e Critica)
È facile riconoscere, per il nome e l’atteggiamento, Salieri in Antonio e Amadeus in Amedeo. Il ribaltamento del palcoscenico vuole, però, che nella serie tv che devono girare i ruoli siano invertiti. L’arte è la scoperta dentro di sé dell’altro. Essere è crederci. Ma non è ancora abbastanza. Francesco d’Amore ha scritto il copione durante il lockdown: l’invidia brandita in scena ha la medesima natura sistemica del Coronavirus.
Matteo Brighenti (Doppiozero)
8_18 GIUGNO
Un mito straordinario, che narra gli elementi di cui è fatta la cultura dell’uomo contemporaneo, lucidamente ne vede gli errori, i passi falsi, le trappole.
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